I campi di prigionia statunitensi di Hereford e della California

Il campo di prigionia di Hereford, Texas

I detenuti del parmense in mano americana inviati in Texas furono quasi tutti detenuti nel campo di Hereford. Il campo venne costruito a metà del 1942, il secondo più grande dello stato, avendo una capacità iniziale di 5.000 persone. Nei tre anni successivi furono internati circa 7.000 italiani, tra questi nel settembre 1945 erano presenti tutti i 910 ufficiali non-cooperatori degli Stati Uniti. Un gruppo politicamente eterogeneo, ma accomunato per la scelta non-collaborazionista che lo rendeva famoso tra i soldati americani come “Dangerous fascist camp”. Il campo di Hereford è importante per quello che avvenne a seguito dell'armistizio tra gli Alleati e Badoglio. Qui, infatti, dopo l'8 settembre 1943 le divisioni politiche tra gli ufficiali si erano immediatamente palesate. Il campo fu diviso in quattro settori: il primo settore era per i prigionieri che si rifiutavano di lavorare o cooperare; il secondo per i cooperatori; il terzo era un campo di smistamento e per i sottufficiali; il quarto, che a differenza degli altri tre non aveva baracche ma appartamenti, era adibito all'alloggio di ufficiali. Il campo era circondato da due recinti, di cui quello interno percorso da corrente elettrica. Lo spazio tra i recinti era interdetto e chiunque vi fosse entrato poteva essere colpito dalle guardie. Nel quarto settore l'armistizio diede vita ad una dialettica interna molto forte che generò tensioni e conflitti, esplose quando un gruppo di ufficiali nel settembre 1943 chiese di andare a combattere contro i nazifascisti. La contrapposizione ideologica tra i prigionieri costrinse i comandi americani a prendere provvedimenti ed il 6 gennaio 1944: i collaboratori vennero evacuati. La separazione tra coloro che avessero o meno sentimenti filofascisti fu il risultato di informazioni raccolte dagli americani anche attraverso delazioni. Nel maggio 1944, i collaboratori nel campo erano stati fatti tutti evacuare, al loro posto furono inviati 425 ufficiali non cooperatori. Non tutti gli ufficiali bollati di fascismo lo furono veramente. La loro composizione politica era molto eterogenea, dando vita a ad un'intensa attività culturale che non si limitava alla sola contrapposizione tra fascisti e antifascisti. Tra i detenuti di Hereford emersero figure importanti del secondo dopoguerra italiano: il pittore Alberto Burri, il matematico Mario Baldessari, il dirigente comunista Giovanni Dello Jacovo, il futuro deputato missino Roberto Mieville. La grande attività culturale che nacque nel campo è anche testimoniata dalla produzione giornalistica prodotta: sulle trentotto testate realizzate ad Hereford, trenta provenivano dal settore dei non-cooperatori. Per convincere irriducibili del campo di Hereford a collaborare, i comandi americani utilizzarono metodi non ortodossi. Nell'aprile del 1944, ad esempio, i militari americani organizzarono una “spedizione punitiva” contro i prigionieri del settore 4. Il trattamento ricevuto dai comandi americani subì un peggioramento nella primavera del 1945: dopo la scoperta dei crimini nazisti nei lager, gli americani ritenettero gli italiani corresponsabili, aggravando i sentimenti punitivi dei primi verso i secondi.

In definitiva, la condizione di non-cooperatore nel campo di Hereford fu negli ultimi mesi del Secondo conflitto mondiale segnata da un regime punitivo, contro ogni convenzione internazionale, che permetterebbe una comparazione appropriata con i campi di prigionia francesi.

 

I campi di prigionia in California.

Il trasferimento di collaboratori Italiani verso le coste americane permetteva un loro sfruttamento negli arsenali navali, depositi etc. Gli operai facenti parte delle Isu (Italian service Units) oltre ad essere selezionati per la loro idoneità fisica lo erano anche per le loro abilità professionali. Il caso di Guglielmo Bissani, militare del parmense, calza come esempio lampante. Italiano figlio di emigranti, nato a Dillingen nella Saar francese, fu catturato nel maggio 1943 in Tunisia. Trasferito negli Stati Uniti accettò la collaborazione il 3 novembre del medesimo anno. Il suo mestiere di ferraio meccanico gli permise di lavorare come Isu nell'arsenale di Benicia (California). Questo campo di prigionia era il più vasto degli Stati Uniti ed era diviso in tre sezioni contenenti: militari italiani, tedeschi e giapponesi. Il caso di Guglielmo Bissani non era isolato. Tra i prigionieri del parmense erano presenti altri membri dell'Isu che contribuirono allo sforzo bellico americano, venendo spesso utilizzati come operai specializzati. Un altro caso è quello di Armano Boselli che prima della guerra faceva il contadino nella bassa parmense: catturato come sergente dell'esercito italiano in Tunisia, fu inviato negli Stati Uniti dove divenne cooperatore nel maggio del 1944. Trasferito a Camp Shanks, nello stato di New York, il sui lavoro gli valse il ringraziamento dal generale americano Groninger, responsabile del campo dove fu detenuto, come riportato nel saggio di Flavio Giovanni Conti “I prigionieri di guerra italiani 1940-45”:

“Io desidero ringraziare Lei, ufficiale comandante della 300 Italian Ship Complement Transportation ed il personale americano e italiano al suo comando per lo splendido spirito di devozione al dovere che tutti hanno dimostrato in condizioni particolarmente difficili. Lo spirito di cooperazione dimostrato dagli ufficiali e dai soldati italiani indica chiaramente la loro lealtà e volonta di collaborare con la causa degli Alleati. È mio desiderio che lei trasmetta questa lettera ad ogni italiano sotto il suo comando, la cui cooperazione ha motivato questa comunicazione”.

Il lavoro svolto dalle Isu rappresentava una preziosa manodopera qualificata, per di più a basso costo (lo stipendio medio delle Isu era 300 dollari, contro i 2.808 dollari di un lavoratore americano medio). Il contributo offerto dai cooperatori Italiani non era soltanto economico. Come testimoniato dalle parole dei responsabili dei campi di detenzione, la collaborazione era accompagnata da una indottrinamento all'ideologia democratica. Le parole di commozione per il lavoro svolto sono cariche di quello sforzo pedagogico compiuto dai comandi americani per mostrare ai prigionieri italiani, e all'opinione pubblica paese, il loro sforzo morale e materiale dato alla causa Alleata. Un carattere peculiare della prigionia negli Stati Uniti fu infatti la ricerca continua di vincere i cuori dei prigionieri italiani, sottraendoli dal fascino esercitato dalle ideologie totalitarie (fascismo e comunismo), rendendoli, al loro ritorno in patria, potenziali esportatori dei valori democratici.