Dei prigionieri del parmense detenuti in Sudafrica (il 10% di quelli catturati in Africa orientale), la metà finì nel campo di Zonderwater. Nel 1942 il campo contava circa 54.000 prigionieri italiani per arrivare, nel corso del Secondo conflitto mondiale – secondo alcune fonti – attorno ai 90.000 italiani, diventando di fatto il campo di internamento per soldati italiani più grande di questa guerra.
L’Unione Sudafricana era entrata in guerra contro il Regno d'Italia il 10 giugno 1940: con una risicata maggioranza parlamentare, le reazioni delle popolazioni locali furono però tiepide o addirittura, per la minoranza Boera, di simpatia per i paesi dell`Asse. La relativa vicinanza del Sudafrica ai teatri di guerra dell'Africa orientale e del nord Africa, ne fece una delle destinazioni privilegiate per l'internamento dei soldati italiani catturati. L’invio di cargo di rifornimenti dal Medio oriente e dall'India dava inoltre disponibilità di riconvertire le stesse navi come mezzi di trasporto per i prigionieri di guerra. Di conseguenza la tratta Egitto-Africa orientale-Sudafrica, permise il concentramento di prigionieri italiani provenienti dai campi del Kenya e dei territori del Commonwealth. Per alcuni di questi il Sudafrica fu solo una meta temporanea prima di essere internati in Inghilterra. L’invio di prigionieri via nave era indispensabile ma anche pericoloso, a causa della possibilità di essere intercettati e abbattuti dai sottomarini tedeschi, come nel caso della Nova Scotia. Il governo africano accolse favorevolmente l'invio di prigionieri italiani, in quanto significava forza lavoro a basso costo.
Il sito di costruzione di Zonderwater (Sonderwater in afrikaans “senza acqua”) era posizionato nella zona mineraria di Cullinan, nella provincia del Transvaal, a 43 km da Pretoria. Un terreno arido e spoglio, famoso per le antiche miniere di bronzo, che avevano portato alla costruzione di una linea ferroviaria con Durban. La relativa facilità di trasporto attraverso uno dei maggiori porti del Sudafrica (Durban), rendeva la costruzione del campo in quella zona particolarmente vantaggiosa. Nell'aprile 1941 arrivarono i primi 10.000 prigionieri. I giornali dell'epoca riportarono la sorpresa nel vedere che la maggioranza dei prigionieri erano “poco più che ragazzi” intorno ai vent'anni. A Zonderwater attendeva loro un vasto territorio delimitato dal filo spinato sorvegliato da guardie indigene. Furono i primi prigionieri a costruire i servizi fondamentali del campo: alloggi, docce, latrine, infermerie. Le successive vittorie alleate in nord Africa costrinsero il governo sudafricano ad accettare un numero crescente di prigionieri. Il sito non era però pronto per contenere l'aumento dei soldati italiani che dal luglio 1942 (con la vittoria di El-Alamein), comportò problemi nell'accomodamento e nel rifornimento alimentare. La mancanza di alloggi e le scarse razioni alimentari furono motivo di imbarazzo per Pretoria: le cattive condizioni furono infatti causa dell'intervento del console brasiliano Julio Diogo (il Brasile era la potenza protettrice dei prigionieri italiani in Sudafrica). Il malcontento generato dalle condizioni di prigionia scatenò rivolte, con scontri tra guardie e prigionieri che causarono anche dei morti. La situazione precaria era aggravata dall'assenza di ufficiali, i quali furono inviati (tranne medici militari e cappellani) in India. Il rapporto, per i prigionieri del parmense, tra graduati rispetto e soldati semplici in Sudafrica fu ad esempio di 1 a 18, mentre in India il rateo era di 1:2. Alcuni incidenti tra guardie e prigionieri furono anche causati dalla inadeguata preparazione dei primi. La mancanza di manodopera bianca da impiegare per la sorveglianza dei prigionieri aveva portato, come in Kenya, all'utilizzo di truppe di colore. Ciononostante essendo uno stato organizzato razzialmente, le guardie di colore furono armate con armi tradizionali come lunghi coltelli o maceti. Lo scarso armamento delle truppe appostate nei campi, ed il razzismo circolante tra i prigionieri italiani, fomentarono atti di violenza nel campo. Ad aggravare le condizioni dei prigionieri vi furono fenomeni atmosferici di diversa natura e la malaria. Tra il 1941 e il 1943, ad esempio, nove italiani morirono colpiti da fulmini che erano attirati dalle caratteristiche minerali di Zonderwater. Gli incidenti e le cattive condizioni del campo portarono alla sostituzione del suo comandante. Sotto il nuovo comandante, la vita nel campo migliorò nettamente attraverso la costruzione di case in muratura e nuove strutture ricreative per i prigionieri. Sotto la sua direzione il campo di Zonderwater assunse le fattezze di una vera e propria città, furono infatti costruiti: 14 quartieri, 50 rioni, 30 km di strade, 3.000 posti d'ospedale, 17 teatri, 16 campi da calcio, 6 campi da tennis, 80 campi di bocce, 7 sale di scherma, campi da pallavolo, da basket, palestre e quadrati per il pugilato. Infine, fu aumentata la fornitura di materiale vestiario di base (stivali, camicie, pantaloni), di cui nel febbraio 1943 il 25% dei prigionieri ne era privo.
I prigionieri collaboratori venivano inviati a lavorare fuori dal campo, ricevendo un adeguato trattamento e una paga per il lavoro. Il vitto e l'alloggio venivano inoltre migliorati. Vi furono attività culturali in luoghi adibiti all'educazione dei prigionieri quali: scuole di vario genere (principalmente dare un'educazione di base alla gran massa di analfabeti nel campo), una biblioteca centrale, un giornale del campo (chiamato “Tra i reticolati”), un teatro e un'orchestra sinfonica. Queste attività culturali permise un accesso a corsi scolastici di vario tipo a circa 20.000 prigionieri portando il tasso di analfabeti dal 30% nel 1942, all'1,5% per cento nel 1944. L'organizzazione del campo era gestita dai comandi militari sudafricani. Il campo era diviso in blocchi. Ogni blocco del campo era comandato da un ufficiale sudafricano. Nei suoi compiti ogni ufficiale del blocco era affiancato da “comandanti italiani”, scelti tra i graduati anziani, che dovevano adoperarsi per salvaguardare gli interessi dei prigionieri e mantenere l'ordine. Ogni capo blocco (come veniva definito l'ufficiale italiano) gestiva una forza lavoro di 8.000 uomini. La costituzione di gruppi di lavoro permise di lavorare la terra intorno al campo, oltre ad essere utilizzata per gestire i servizi interni a Zonderwater. Scegliendo di collaborare si otteneva una paga che oscillava, in base al grado, tra i 12 a gli 8 scellini. Le autorità sudafricane versavano 5 scellini al mese per prigioniero, mentre sul libretto veniva accreditata la somma restante, che sarebbe stata saldata alla fine del conflitto. I soldi potevano essere utilizzati per i servizi offerti dal campo, ma generalmente venivano spesi allo spaccio del campo. La collaborazione in Sudafrica raggiunse tassi molto alti, quasi il 90% dei prigionieri detenuti furono favorevoli. Gli Italiani si dimostrarono, come forza lavoro più malleabile dei i prigionieri tedeschi. Nonostante ciò, circa 700 prigionieri di Zonderwater tentarono d'evadere dal campo, ma solo 20 riuscirono a raggiungere il neutrale Mozambico. Il picco dei tentativi di fuga avvenne tra l`aprile del 1941 e il luglio 1943 quando le condizioni del campo non erano del tutto soddisfacenti e le speranze di una vittoria dell`Asse ancora diffuse. L'alto tasso di integrazione raggiunto dai prigionieri italiani in Sudafrica fu confermato dalla volontà di molti di loro di rimanere nel paese anche dopo con la cessazione delle ostilità in Europa. Il governo sudafricano accolse solo 800 prigionieri (per lo più operai specializzati di cui il paese aveva bisogno); gli altri dovettero rimpatriare secondo le norme della Convenzione di Ginevra.