Lettera inviata da Arturo Tagliavini, prigioniero nel campo inglese 364 di Mombasa in Kenya.
Mombasa, 6 luglio 1946
6-7-46
Carissimi
Credevo qualche mese fa che in questi giorni dovessi essere a casa, oppure in viaggio. All’ora mi ero lasciato prendere da un certo ottimismo. Veramente, la colpa non era tutta mia, l’apparenza stessa mi lasciava dubitare di un mio prossimo rimpatrio. Non è che sia un mio egoismo e che consulti il lunario per misurare la durata della mia prigionia, anche se questa non è stata volontaria, è il fatto che sono passati (circa) sei anni di questo misterioso ricatto, per il torto d’aver combattuto, per difendere la proprietà altrui.
Questi crimini (senza precedenti) questi fanatici, che per i loro odii, gettarono una folla di sciagurati in un abisso d’inganni. Ora non mi resta che esaurire completamente la fonte della speranza. Una speranza d’amarezza, contro il mondo, che brutalmente [?] rivelato.
Osserva, Alfredo, il mondo con i suoi scambi di note e di proposte, un riunirsi di esperti, un agitarsi di diplomatici e di delegazioni, cercarono disperatamente un piano di assestamento politico ed economico. Cieco come si presentò, ricaduti in peggiori errori ed odii che nell’anteguerra.
La pace sarà duratura quando si manterrà con il pane e non la prepotenza. Per oggi vi stringo la mano, speranzoso che godiate di buona salute e vi ringrazio ancora della vostra bontà d’avermi scritto informandomi di tutto, che per me fu grato. Un bacione particolare al mio nipotino Gianni. Salutami babbo, sorella cognati e nipoti.
Vostro Arturo.